17 giugno 2013 ore: 11:35
Giustizia

"Orti al fresco": i detenuti imparano nuovi modi di coltivare la terra

Progetto autofinanziato dell'associazione ambientalista Terra! con la casa circondariale di Pontedecimo (Genova), basato sull'agricoltura sinergica. Gli ortaggi sono destinati prevalentemente all'autoconsumo.
Orti al fresco - cartello

GENOVA - Si chiama “Orti al fresco” e si tratta di uno dei progetti più recenti dell'associazione ambientalista Terra! onlus che ha coinvolto la casa circondariale di Pontedecimo, Genova. Il progetto, partito nel 2012, sta dando ora i suoi “frutti”: se l'attività principale è stata in partenza quella di produrre agricoltura con tecniche convenzionali, ora si è passati ad approcci del tutto nuovi, tra cui l'agricoltura sinergica.
Gli obiettivi generali, sostengono i promotori, sono di sviluppare attività volte al reinserimento sociale e lavorativo, avviare nel carcere un percorso educativo volto alla "cultura ambientale" e stimolare l’attivazione di buone pratiche attraverso attività principalmente manuali rivolte a detenute e detenuti. In questo contesto si inseriscono l'orto sinergico, la creazione di un giardino degli aromi, l'installazione di una compostiera ad uso collettivo e la realizzazione di attività volte all’educazione alimentare.

“L’agricoltura sinergica, oltre ad essere un metodo di agricoltura naturale, risulta un'ottima metafora di approccio alla diversità e al concetto del prendersi cura di sé”, racconta Silvia Cama, portavoce dell'associazione e coordinatrice del progetto. "Nell’agricoltura sinergica, infatti, le piante accostate le une alle altre attraverso consociazioni amichevoli riescono, attraverso le loro insite diversità, a tessere reti di relazioni e di mutuo aiuto indispensabili alla proliferazione della fertilità e quindi della vita”.

L’orto sinergico è stato sviluppato in diverse forme a seconda di quello che i reclusi volevano “vedere”: il sole, le onde, anche le iniziali delle due operatrici di Terra! onlus che hanno avviato e seguito il progetto. “Finita la preparazione delle aiuole” spiega ancora Silvia “abbiamo proceduto con la formazione teorico/pratica riguardo le semine, i trapianti e il calendario lunare. Sono stati messi a dimora pomodori, peperoni, fagiolini, cicorie da taglio, basilico, peperoncini, insalata e fagioli”. Con l'orto lo scopo è stato quello di mettere a confronto l'agricoltura tradizionale e quella naturale sinergica, da una parte per insegnare due tipologie di approccio alla coltivazione evidenziandone le caratteristiche principali, i pregi e i limiti, dall’altra per entrare in empatia con la terra, i concetti di fertilità e di cura del suolo.

Al momento sono stati coinvolti quattro uomini e sette donne, sono state aggiunte fave, aglio, rucola, piselli e bietole. Gli ortaggi sono destinati all'autoconsumo e vengono condivisi anche con chi non è direttamente coinvolto nel progetto: “Abbiamo dovuto superare due tipi di difficoltà” conclude l'operatrice. “La prima riguardava i controlli perché non è stato facile entrare in un carcere con zappe e attrezzi vari, seppur destinati alla campagna. La seconda difficoltà è stata far accettare alle persone coinvolte ciò che veniva prodotto da uno spazio che loro vedono come nemico, che li priva della libertà. Superata questa diffidenza il progetto ora procede bene”. E come si finanzia? “Al momento tutto ciò è stato reso possibile grazie al volontariato. Ora si spera di vincere un progetto locale e avere un sostegno finanziario per poter continuare e sviluppare un progetto così importante”. (Maurizio Bongioanni)

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