La Mensa dell’Antoniano non va in vacanza. L'anonimato degli italiani
Mensa dell'Antoniano, laboratorio musicale
La cucina |
BOLOGNA - Migranti, disoccupati, senza dimora ma anche qualche studente universitario e anziani con la pensione minima. Sono circa un centinaio le persone che ogni giorno affollano la mensa dell’Antoniano che per quest’anno resterà aperta anche d’estate. È mezzogiorno e mezzo e chi vive per strada sa che a quest’ora un piatto di pasta lo si può trovare in via Guido Guinizzelli a Bologna, dove ad accoglierli ci sono volontari e operatori. Qui i ragazzi, che lavorano per prestare assistenza, non si limitano solo a servire un piatto caldo ma attraverso un pranzo cercano di conoscere le tante persone che bussano alla loro porta e poterli così aiutare. I volontari, una volta serviti i piatti, si siedono a pranzare con loro e iniziano a conversare in modo da ascoltare le storie di ognuno. “La mensa è un modo per avvicinare le persone per conoscerle e aiutarle e per questo abbiamo deciso di rimanere aperti anche d’estate - spiega frate Alessando Caspoli, direttore dell’Antoniano -. L’obiettivo è ridare un futuro a chi si trova in difficoltà”.
La mensa |
Oggi, saranno circa una sessantina le persone che sono arrivate nella piccola sala d’accoglienza dove, durante il giorno, si organizzano corsi e laboratori. Osservandoli s’intuisce subito che molti di loro vengono spesso, scherzano con gli operatori e si muovono tra gli scaffali e la libreria in cerca di giornali e giochi da tavola con cui passare il tempo. In attesa di mettersi in fila per la mensa, infatti, c’è chi gioca a scacchi, chi legge e chi chiacchiera con un amico. Sono quasi tutti stranieri, qualche italiano si vede qua e là ma preferiscono rimanere in disparte e una volta pranzato vanno via di corsa. “Molti italiani chiamano per chiederci come possono fare per venire - continua frate Caspoli -. Noi gli spieghiamo che prima si fa un colloquio con le operatrici per conoscersi. Ma alla fine non vengono. Molti preferiscono rivolgersi direttamente alle parrocchie chiedendo il sacchetto alimentare. È più anonimo”.
Il centro di ascolto |
Ognuno dei ragazzi e delle ragazze che frequenta l’Antoniano a chiedere un pasto ha una storia particolare. Ci sono quelli che hanno perso il lavoro, come un gruppo di ragazze dell’Est Europa che fino a qualche mese fa facevano le colf e le badanti, ci sono dei migranti del Mali che sono appena usciti dai centri d’accoglienza, ci sono persone con dipendenze e tanti che vivono in strada. “Qualche tempo fa abbiamo avuto anche tre studenti universitari a cui era scaduta la borsa di studio – dice Lucia Vicchi operatrice del centro d’ascolto –. È da un po’ che non li vediamo spero che le cose gli vadano meglio. Noi cerchiamo di aiutare chiunque ha bisogno e per questo che facciamo dei colloqui con chi si presenta”.
Il laboratorio musicale |
Per accedere alla mensa, infatti, le persone che arrivano all’Antoniano incontrano le operatrici del centro d’ascolto con cui parlano della loro vita e delle loro difficoltà. Dopo una serie di colloqui a ogni ospite viene rilasciata una tessera con la quale accede alla mensa e inizia a seguire dei percorsi formativi. “La tessera è un modo per seguire una persona – continua Vicchi – In questo modo sappiamo quante volte viene e quali corsi segue”. I corsi, così come i laboratori, sono tenuti da volontari che prestano tempo e competenze per fornire alle persone che vengono all’Antoniano di avere delle conoscenze su alcune materie da poter poi spendere nella ricerca di un lavoro. Informatica, artigianato, corsi d’italiano e un corso per scrivere il proprio curriculum sono i più seguiti. “Cerchiamo di fornire delle competenze – conclude Vicchi – e di inserire le persone in progetti formativi con aziende. Ma non è sempre così facile e per ora solo in pochi hanno trovato un’occupazione”. (Dino Collazzo)