Le nuove tecnologie "per superare l'handicap". Raccontate da chi non vede
ROMA – Le nuove tecnologie possono “modificare i connotati delle disabilità” e rivoluzionare “la percezione che ha di esse il resto della società”: lo dice, anzi lo scrive, Luca Spaziani, nel suo recente libro “Digitabili. L’innovazione tecnologica come opportunità per superare l’handicap”. E di lui ci si può fidare, perché parla di ciò che conosce e ha provato direttamente: 30 anni, non vedente dalla nascita, “ho avuto la fortuna di crescere inseguendo lo sviluppo tecnologico – dice - e cercando di cogliere le opportunità che può offrirmi, prima guidato dai miei genitori e poi da solo”. E adesso, in 130 pagine, illustra le caratteristiche (dal funzionamento ai costi) delle tecnologie cosiddette “assistive” rivolte, rispettivamente, a persone con disabilità sensoriale (sordi e ciechi) o motoria, oppure con difficoltà comunicative. E dedica un’attenzione particolare ai “campi di applicazione” delle diverse tecnologie, soprattutto in età evolutiva, con uno sguardo rivolto anche al futuro e alle possibili invenzioni che verranno.
A Luca Spaziani abbiamo chiesto di raccontarci perché e come ha deciso di passare in rassegna il rapporto tra disabilità e tecnologie.
Alcune possibilità offerte dalla tecnologia hanno un impatto talmente significativo su determinate situazioni di handicap da modificarne i connotati, che potrebbero cambiarne la percezione che di esse ha il resto della società. Il problema è che la maggior parte delle persone non è a conoscenza di ciò che i disabili possono fare grazie all’innovazione tecnologica e continua ad avere di loro un’immagine che molto spesso non coincide più con la realtà. Molte cose stanno cambiando e anche in fretta. Ho voluto scrivere questo libro proprio per dare un piccolo contributo ad accendere una lampadina su questo tema: credo che se ci fosse maggiore consapevolezza in merito alle potenzialità dei disabili, si avrebbe una maggiore considerazione nei loro confronti.
Qual è la tua esperienza personale rispetto a questo tema?
Ho 30 anni e sono non vedente dalla nascita. Tra i miei giochi preferiti di bambino c’erano senz’altro i display Braille e i primi note takers, che ho iniziato ad utilizzare fin dalle elementari: ben prima quindi che il digitale facesse la sua comparsa nelle classi scolastiche. Utilizzo molto la tecnologia, ieri nello studio e oggi nel lavoro ma anche nel tempo libero e soprattutto come mezzo per compiere in autonomia molte azioni quotidiane che altrimenti potrei mettere in atto solo con l’aiuto di qualcuno (ad esempio fare la spesa o gestire il mio conto in banca). Non vorrei essere frainteso però: credo molto nella tecnologia e la utilizzo, ma non penso di esserne sopraffatto, non sono né uno smanettone né un nerd. Considero la tecnologia uno strumento prodigioso da sfruttare a nostro vantaggio ma i protagonisti della nostra vita dobbiamo essere noi. E il digitale può aiutarci ad esserlo.
Nel tuo libro esamini il contributo che diverse tecnologie possono portare a diverse disabilità. Quale credi che sia, in assoluto, quella più efficace e innovativa? E quale pensi che sia la disabilità che può trarre maggiore vantaggio dalle tecnologie?
Non vorrei sembrare banale ma credo che la tecnologia migliore sia quella con cui ci si trova più a proprio agio. Oggi nel panorama digitale esistono infinite soluzioni in grado di offrire un supporto adeguato per una specifica situazione di handicap. Sebbene la cosa possa risultare disorientante per qualcuno, io la considero un’opportunità perché ciascuno può scegliere la soluzione che gli è più congeniale. Tutti sappiamo quanto individuali e personali siano i cosiddetti bisogni speciali e di conseguenza quanto debbano esserlo anche le risposte. Proprio per questo, non vedrei una sorta di “gara” tra le disabilità per stabilire quella che può trarre i maggiori benefici dalla tecnologia. Penso, infatti, che la tecnologia vada vista come uno strumento utile a mettere a frutto le proprie potenzialità che, come sappiamo, variano molto a seconda delle diverse situazioni di handicap ma non per questo non meritano di essere sfruttate. Non saprei dire, tanto per essere chiari, se valga di più un iPhone, che consente ad un non vedente di orientarsi in città; un rilevatore dei movimenti oculari, che permette ad una persona paralizzata dal collo in giù di scrivere; o un software studiato per consentire ad un bambino con grave deficit cognitivo di imparare le quattro operazioni…
Parliamo delle tecnologie per chi non vede: quali sono le novità? Quale personalmente trovi più utile? E qual è "l'invenzione che ancora non c’è"?
Nel campo delle tecnologie tifloinformatiche credo che le novità più rilevanti derivino dalla possibilità di sfruttare tutta la versatilità e la multifunzionalità di uno smartphone. Pensate a quante cose fate ogni giorno con il telefonino e considerate che oggi un non vedente può farle tutte: dalla gestione dei social network alla navigazione, dall’e-commerce alla riproduzione di contenuti multimediali. Non solo: ci sono applicazioni che, sfruttando la fotocamera, offrono la descrizione dei colori, delle immagini e perfino degli oggetti circostanti. Se penso ad un ambito della vita quotidiana nel quale c’è ancora spazio per future innovazioni, mi viene in mente la mobilità, intesa come la capacità di spostarsi autonomamente anche su percorsi poco conosciuti e poterlo fare in sicurezza. Sono in fase di sviluppo molti progetti sperimentali, basati su dispositivi indossabili dotati di telecamera, in grado di riconoscere ciò che il non vedente ha intorno e di guidarlo. Ma al momento non c’è ancora nulla di consolidato in commercio.
Tante sono le tecnologie oggi disponibili: ma sono anche "accessibili"? In altre parole, sono alla portata delle famiglie? C'è infatti il problema del nomenclatore tariffario non aggiornato: quante di queste tecnologie arrivano effettivamente nelle case di chi ne avrebbe bisogno?
L’accesso alle tecnologie è effettivamente un problema, specie nel nostro Paese. Vi sono ostacoli burocratici come il nomenclatore ma, a mio parere, anche ostacoli di carattere culturale e infrastrutturale, che pongono l’Italia agli ultimi posti in Europa per l’uso della tecnologia. Credo che un elemento positivo sia il fatto che sempre più dispositivi tecnologici di uso comune, facilmente reperibili sul mercato e a prezzi non proibitivi, sono progettati per essere d’aiuto anche ad utenti con disabilità. Un esempio sono i telefonini, i tablet e i computer di casa Apple, che montano già al loro interno programmi pensati per garantirne la piena accessibilità e usabilità da parte di non vedenti, non udenti e persone con difficoltà motorie.
Un tuo auspicio finale?
I miei auspici in realtà sono due: primo, che un numero sempre maggiore di persone disabili possa beneficiare dei vantaggi offerti dalla tecnologia; secondo, che coloro che ricoprono un ruolo di responsabilità offrano a chi ha una minorazione l’opportunità di mettersi in gioco e mostrare le proprie capacità. (cl)