8 giugno 2016 ore: 12:14
Disabilità

Autismo. Per Virginia avere l'impresa è sempre più arduo: l'Inps le chiede 7 mila euro

Virginia ha 20 anni e una forma grave di autismo. Con la famiglia, sta provando ad avviare un e-shop ma, prima ancora di iniziare, deve all’Inps oltre 3.500 euro di contributi. Il “conto” è stato presentato anche al papà. “Sono tutore, ma mi considerano addetto alle vendite. E’ discriminazione e non pagheremo”
Virginia Verzulli

Virginia Verzulli

- ROMA – Avviare un’impresa è davvero “un’impresa” per Virginia Verzulli, giovane con autismo, e la sua famiglia. La sua attività di e-commerce non è neanche iniziata, ma il suo debito verso l’Inps non fa che aumentare: ai 3.500 euro di contributi che Inps le ha chiesto, in quattro rate, per il primo anno, si aggiunge ora la bolletta che l’istituto a presentato al padre, Dario Verzulli, in qualità di tutore. Altre 3.500 euro e spiccioli. A nulla è servita, evidentemente, la lettera che lo stesso Verzulli, tra l ‘altro presidente dell’associazione Autismo Abruzzo, aveva inviato la scorsa primavera al ministero del Lavoro e al presidente Mattarella, segnalando questa “anomalia importante del sistema previdenziale”, che per i lavoratori disabili dipendenti riconosce sgravi e agevolazioni ai datori di lavoro, mentre nulla prevede per i lavoratori autonomi con disabilità. La risposta del ministero, stilata dal direttore generale Tangorra, non aveva d’altra parte lasciato molte speranze: “Per l’avvio e lo svolgimento di attività lavorative autonome, la legge 5 febbraio 1992 n. 104 attribuisce alle regioni la possibilità di provvedere con proprie leggi a disciplinare le agevolazioni alle singole persone con disabilità. Inoltre – continuava il ministro – incentivi in favore dell’autoimprenditorialità nei diversi settori della produzione di beni e incentivi in favore dell’autoimpiego sono disciplinati dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185”. In altre parole, richiesta respinta.

Ora, due giorni fa, “con grande sorpresa ho ricevuto una raccomandata dall'Inps che mi intima di pagare in breve tempo i contributi obbligatori previsti per le attività commerciali, solo perché io risulto come tutore/amministratore di sostegno di Virginia – ci racconta Verzulli -. Per Inps questo equivale ad una vera e propria appartenenza alla categoria commerciale, anche se io di fatto non faccio assolutamente nulla. Devo assicurare il sostegno e supporto necessario a Virginia e nulla più!”. In altre parole, “Virginia deve, secondo le norme vigenti, versare i contributi obbligatori previsti per le attività autonome (commercianti artigiani), mentre a me, in qualità di amministratore di sostegno, chiedono la stessa cosa”.

Virginia Verzulli
Virginia Verzulli

In pratica i contributi sono doppi, rispetto a quelli dovuti dagli imprenditori non disabili. “Siamo di fronte a una vera e propria discriminazione nei confronti di nostra figlia, a tanti livelli: primo, perché non può utilizzare la legge 68/99, che prevede determinate competenze minime; secondo, perché non ha alcuna agevolazione nell’avvio di un’attività; terzo, perché semmai volesse tentare comunque di avviarla, questo condizionerebbe pesantemente anche i suoi familiari”.

E così la famiglia Verzulli si ritrova con un debito verso l’Inps che supera ormai i 7 mila euro. E l’attività non è neanche stata avviata: “Le complicazioni sono tali che finora non abbiamo trovato il tempo di avviarlo. Gestire l'autismo (grave) nella vita ordinaria non è cosa semplice, ma anche questa situazione non è nota ai più. Ad esempio – racconta Verzulli - tutte le notti Virginia si sveglia verso le 2-3 e, con un po’ di pazienza, riusciamo a recuperare la sua tranquillità dopo circa un'ora. Serve sempre qualcuno pronto e arzillo ad assisterla e in grado di comprendere i suoi bisogni”. Verzulli però non intende rinunciare. E non ha alcuna intenzione di pagare. “Per la mia situazione, credo sia possibile ottenere lo sgravio, in quanto io sono un lavoratore dipendente ed è impossibile, per legge, avere doppi contributi. Dovrò però recarmi alla sede Inps e passare almeno una giornata (di ferie) con loro, nella speranza possano comprendere il mio stato di amministratore di sostegno e non confonderlo con quello di addetto alle vendite”. Per quanto riguarda il “debito” di Virginia, “anche in questo caso non abbiamo alcuna intenzione di pagare. Vogliamo capire quale è il limite di questo Stato perverso. Vogliamo comprendere come l'Inps, attraverso Equitalia, intenda procedere nei confronti di nostra figlia”. (cl)

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